lunedì 4 marzo 2013



Quanta fatica a chiamarla poesia
sudo pudore a rileggere ondivaghi stati emotivi
osservo i suonatori di corde celesti
di chi innalza lo spirito facendosi eone
vorrei catapultarmi nel pleroma
in effetti, sono un sasso buttato nell'ignoto.


Reazione e soluzione,
genufletto goffamente la crisalide
per sopperire alla pesante terra
vorrei anch'io bearmi amabilmente
rapirmi in un crogiolo di emozione vera
dissuadermi in emozioni sfavillanti.



Provo ad immaginare l'immaginifico:
odo un impasto di colori rapaci
scruto note susseguirsi in zampillanti eruzioni
affastellate dalla pura volontà;
immerso nella nebbia della perspicacia
distinguo suoni frammisti a echi
nella terra dei poeti,
provo ad azzannare libri
digerendo parole distanti.


Chissà il mio povero orgoglio
un onesto dileggio s'affaccia beffardo
reagisco all'offesa mi gonfio di ego
delusione, in espansione, in erosione
non si sfugge,
divento un bozzolo
e mi richiudo in esso
nella sua adombrante
 rimbombante accoglienza.

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