lunedì 4 marzo 2013

Sentire col cuore





Discutere di ricchezza e di "ricchi", delle ingiustizie ad essa legate, della povertà che ne fa da contraltare, inducono a ragionare con una certa, seppur, affascinante superficialità. Non è per forza un male intendiamoci. 
Anzi, talvolta preserva da deliri psicotici e arreca, di conseguenza, maggiore serenità. Però,  in uno di questi giorni mi ha toccato una sorta di intuizione in quanto, contemplando un tramonto, ho compreso quanto possa essere folle ed estremo il mondo sicuro ed ovattato che ci siamo creati. Ammirando il declino del sole ho potuto notare altri piccoli particolari: la presenza non minacciosa di nuvole (il quale conferiva al cielo profondità e colori bellissimi), alberi scroscianti in attesa della lunga notte, uccelli volteggianti in traiettorie mai banali,insomma da ciò ho dedotto quanta spiritualità vi sia nel mondo e di quanto essa scompaia, discreta, all'arrivo di coloro i quali misurano la loro felicità col tintinnare del denaro. Ho ringraziato l'esistenza di farmi dono di sensazioni intime che si possono provare e mai comprare. Adesso capisco perché luoghi bellissimi come Portofino o Cortina sanno di tristezza, perché la loro "anima" si è ritirata per non essere violentata dall'arroganza del potere di chi tutto può comprare ma è sorda e "timida" di fronte a certe debolezze umane.













Questa incapacità di sentire, questa malattia della logica che tutto riduce a rapporti di grandezza, a questa sovranità del Freudismo, il quale tutto riduce a sintomi e malattie, limita l'uomo a mero dato, a puro istinto. Purtroppo anche aver eliminato le fantasie, manifestazioni spontanee e traboccanti della nostra psiche, che ci caratterizzano come esseri unici, sono diventati un grosso problema. Jung affermava "“gli Dèi fuggiti sono divenuti malattie”. Come non dargli  ragione. Anche se l'uomo moderno ha liquidato queste "fantasie" come qualcosa di inutile e dannoso, esse non smettono di agire nella nostra parte  inconscia e chiedono un loro spazio attraverso sintomi, paure ignote, lapsus.
Hillman, il più originale seguace di Jung, suggerisce di recuperare il mondo mitico della grecità psichica. Il mondo mitico si differenzia dal mondo logico e lineare per adottare una formazione del tempo circolare. Nel tempo circolare gli eventi storici ritornano potendoli collocare e attualizzare in speciali contesti. I miti generalmente servano per spiegare la nascita dell'uomo, gli eventi  e gli agenti scatenanti di questo misterioso antefatto. Il rito serviva (e serve ancor'oggi per alcune civiltà che vivono ancora i propri miti) per impossessarsi pervicacemente o meglio per interiorizzare quelle pratiche esoteriche utili a comprendere l'origine della creazione, ritenute sacre  e vere in quanto narranti le gesta degli Dei, fondatori del mondo. Questo elemento riempe di senso l'orizzonte immaginifico dell'uomo e permette la trasmissione del patrimonio culturale di un dato popolo (1).  Attraverso la narrazione vi è una presentazione della realtà fattuale e non extra sensibile, immaginata a livello noetico, come pura intellezione, dove  appunto i fatti sono spiegati con immagini con una forte connotazione affettiva. Possiamo immaginare come il mondo mitico, in tal contesto, possa adombrare quello del logos, della parola, per via della capacità di rappresentare un mondo estetico, caldo e dalle forti connotazioni emotive. Certamente il primato della razionalità non solo ha schiacciato quello del mito ma forse lo ha compresso in categorie etichettandolo come "non vero", non utile e quindi da rigettare in toto. E' forse utilizzabile solo per poesie e racconti per appagare un indefinito senso estetico o un non meglio identificato bisogno di sfuggire dalla realtà per mezzo della fantasia.
In realtà questo mondo d'immagini sembra vivere una vita propria e richiede alla "vittima" uomo di attualizzarsi nel mondo.  Come dice Jung, in qualche modo siamo vissuti, proprio da quelle immagini che seppur apparentemente illogiche, costituiscono il linguaggio dell'anima, come ben ci annuncia James Hillman (2).  
Questo mondo seppur stigmatizzato negativamente, violentato  e smitizzato è tornato prepotente nei sintomi, secondo la tesi di Hillman,(3) che ci avvertono quasi urlando la loro realtà immaginale. In effetti, è lo stesso psicologo americano che ritiene impossibile la fuga da quel mondo in quanto, la psiche, è costituita da immagini e i suoi mattoni fondamentali sono propri quegli archetipi, quei modelli umani, descrittori di una particolare realtà che ha in ognuno connotazioni universali (valide per tutti) ma personali (rappresentate e vissute con modalità diverse). 
L'idea di Hillman, fondatore della psicologia archetipica, è di riscoprire quel mondo per curare una psiche inaridita dalla sovranità dei concetti, il quale banalizzano le esperienze umane ingrigendo il senso dell'uomo stesso. 

Per Thomas Moore:  “La psicologia archetipica non è una psicologia degli archetipi. La sua attività primaria non consiste nel far corrispondere temi della mitologia e dell’arte ad analoghi temi della vita. L’idea è piuttosto di vedere come mito e come poesia ogni frammento della vita e ogni sogno.” (4)

In ultimo, è lo stesso Hillman che porta all'attenzione i pericoli insiti nel mito. Ossia la tentazione di sacralizzarlo, di prenderlo alla lettera in toto come è tramandato, perdendo di fatto quella tipica connotazione di stimolatore di significati arcaici e contenitrice d'elaborazioni personali.



1. http://www.poiein.it/autori/M/mito.htm
2. "Il codice dell'anima"  James Hillman, Adelphi, 1997
3."La vana fuga dagli Dei" James Hillman Adelphi, 1991
4. "Fuochi blu" Thomas Moore, James Hillman





Quanta fatica a chiamarla poesia
sudo pudore a rileggere ondivaghi stati emotivi
osservo i suonatori di corde celesti
di chi innalza lo spirito facendosi eone
vorrei catapultarmi nel pleroma
in effetti, sono un sasso buttato nell'ignoto.


Reazione e soluzione,
genufletto goffamente la crisalide
per sopperire alla pesante terra
vorrei anch'io bearmi amabilmente
rapirmi in un crogiolo di emozione vera
dissuadermi in emozioni sfavillanti.



Provo ad immaginare l'immaginifico:
odo un impasto di colori rapaci
scruto note susseguirsi in zampillanti eruzioni
affastellate dalla pura volontà;
immerso nella nebbia della perspicacia
distinguo suoni frammisti a echi
nella terra dei poeti,
provo ad azzannare libri
digerendo parole distanti.


Chissà il mio povero orgoglio
un onesto dileggio s'affaccia beffardo
reagisco all'offesa mi gonfio di ego
delusione, in espansione, in erosione
non si sfugge,
divento un bozzolo
e mi richiudo in esso
nella sua adombrante
 rimbombante accoglienza.