martedì 4 ottobre 2011

storia e propaganda delle liberalizzazioni in Italia



Recentemente il ministro Tremonti ha presentato il suo piano per salvare l'Italia dal debito, principalmente, svendendo i beni pubblici. Questa ricetta apparentemente innovativa ha in realtà origine ben precise che tenterò di spiegare, facendo menzione di alcuni eventi internazionali che influirono sull'economia italiana.


Lo sviluppo dell'economia dopo la Seconda guerra mondiale

Nel 1944 i potenti della terra si riunirono nella cittadina americana di Bretton Woods per istituire e regolare il mercato e per evitare il disastro della grande depressione del '29.
Gli accordi prevedevano l’istituzione del dollaro come moneta di riferimento (a scapito della sterlina) e la sua convertibilità con l'oro, in modo che fosse garantita da un bene materiale universalmente riconosciuto. Ovviamente tutte le altre valute nazionali dovevano adeguarsi a questo parametro di riferimento. Suddetto sistema dava la possibilità di regolare la convertibilità delle singole valute nazionali con un sistema di cambio che non permettesse grandi oscillazioni. Ciò consentì alle economie più deboli di emergere e in l'Italia si assistette, com'è noto, al grande boom economico.
 Ben presto però gli Stati Uniti cominciarono a non rispettare i patti di stabilità della convertibilità della loro moneta con l’oro. Infatti solo dopo due decadi le riserve auree dello stato americano erano arrivate ad un quinto della moneta circolanteIn questo contesto l' amministrazione Nixon decise con un atto unilaterale, il 15 agosto del 1971, di sopprimere la convertibilità dell’oro in dollari, decretando così la caduta di uno dei pilastri di Bretton Woods; ciò permise all'apparato industriale e multinazionale americano di agire con maggiore libertà nell'economia mondiale.
Le conseguenze di questo atto sono ben spiegate dall'analisi di Noam Chomsky:

Gli accordi di Bretton Woods miravano a controllare il flusso dei capitali. Nel secondo dopoguerra, quando Stati Uniti e Gran Bretagna hanno creato questo sistema, c’era un gran desiderio di democrazia. Il sistema doveva preservare gli ideali sociali democratici, in sostanza lo Stato previdenziale. Per farlo occorreva controllare i movimenti di capitali. Se li si lascia andare liberamente da un paese all’altro, arriva il giorno in cui le istituzioni finanziarie sono in grado di determinare la politica degli Stati. Costituiscono quello che viene chiamato “Parlamento Virtuale”: senza avere un’esistenza reale, sono in grado di incidere sulla politica degli Stati con la minaccia di ritirare i capitali e con altre manipolazioni finanziarie.[...] Così in tutto il mondo, si assiste da allora a un declino del servizio pubblico, alla stagnazione o al calo dei salari, al deterioramento delle condizioni di lavoro, all’aumento delle ore lavorative.” (1)

Questo evento fu probabilmente origine delle liberalizzazioni, che sotto l'egida di una  maggior efficienza, produsse innumerevoli cambiamenti specialmente nello stato italiano. Difatti a partire dagli anni 80 si diede avvio ad una crescente privatizzazione delle imprese pubbliche e le prime smobilitazioni furono quelle riguardanti le banche. Dal 1936 esse conservavano un assetto di separatezza tra istituti bancari e industria costituendo anche l' importante funzione di controllo dell'economia privata e delle banche ad indirizzo commerciale e privatistico. La smobilitazione della Banca d' Italia avviene precisamente nel 1981 quando, a seguito del mancato rispetto degli accordi di Bretton Woods,  il paese rientra nella sfera di influenza del Fondo Monetario Internazionale, promotrice di una politica scellerata contrassegnata da una riduzione della spesa pubblica e  dalla apertura delle frontiere per la circolazione dei capitali.(2).

In tal contesto la banca nazionale italiana viene nettamente separata dal tesoro, ministero adibito al controllo pubblico della moneta e in questo modo i tassi di sconto non sono più decisi dallo Stato ma dalle leggi di mercato. Siffatto evento sarà propedeutico alla trasformazione della Banca in società per azioni (SPA) nella seconda metà degli anni '90 e il successivo abbandono della moneta Italiana a favore dell'euro.

Dalla fine degli anni '80 comincia lo smantellamento dei beni pubblici maggiori, considerati dei carrozzoni insostenibili per l' economia comune, che faranno rientrare (seppur nel breve periodo) consistenti somme di capitale, anche se, venduti a prezzi di ribasso. Infatti la motivazione principale di tale atto era l'enorme esposizione statale verso il debito pubblico. Per i proponenti vi sarebbe stata una maggiore liberalizzazione, con la possibilità per diversi gruppi imprenditoriali di partecipare all'acquisto di imprese, determinando una conseguente diminuzione dei prezzi. Con tale favola si lasciava intendere come i piccoli imprenditori potessero essere parte attiva all'acquisto ma  la promessa non ebbe gli effetti sperati. Se è pur vero che nel breve periodo, a seguito delle dismissioni, vi siano state entrate piuttosto consistenti , nel medio periodo invece non si rilevarono significativi incrementi. Anzi, a seguito di un rincaro dei prezzi, i servizi apportati sono continuamente e inesorabilmente peggiorati mentre le assunzioni hanno assunto l'aspetto di  una chimera irraggiungibile.

Quest'effetto, è stato provocato dall'instaurarsi di regimi monopolistici o al massimo oligopolistici non interessati a recitare una parte di reale concorrenza. Un rapporto del ministero dell'economia e della finanza del 2006 dimostrava un inesorabile fallacia della prospettiva paventata dalle liberalizzazioni come panacea di tutti i mali. La propaganda dei minori costi si scontra poi con i dati ufficiali del ministero:




2002      2003          2004        2005         2006

Aumento tariffe

+0,1      +0,9           +0,9         +1,5          +1,6

Aumento beni e servizi liberalizzati

 +3,8     +3,6           +2,6        +2,0           +1,9

Prezzi al consumo 

 +2,5      +2,7        +2,2        +1,9           +2,1 2  (3).


Anche la Corte dei Conti, in uno dei rapporti annuali redatto nel 2010, ha evidenziato come tali denazionalizzazioni abbiano prodotto, oltre che uno svuotamento delle casse sociali, un' aumento dei prezzi in numerosi settori come le tariffe legate all' acqua, al gas, alla luce e ai pedaggi autostradali (3).

Il progetto, approvato dal consiglio dei ministri il 30 dicembre del 1992, prevedeva lo smantellamento di storici cartelli pubblici dell'impresa italiana; tra questi basti citare fra gli altri, IRI, ENI, ENEL, IMI, BNL, INA, autostrade e il complesso dell'industria siderurgica. La seconda fase invece prevedeva, ancor'oggi in fase d' attuazione, la dismissione di importanti settori di interesse pubblico: ferrovie, sanità, previdenza sociale, gas luce e per ultima l' acqua. L’ ultimo atto approntato dal governo Berlusconi riguarda proprio il settore delle municipalizzate proprietarie delle condotte acquifere, che, col decreto Ronchi approvato alla camera il 19 dicembre 2009, hanno intaccato uno dei settori di maggior importanza per il bene comune, fortunatamente abrogato grazie al recente referendum popolare (4).

Analizzando la situazione industriale delle imprese pubbliche nel lungo periodo si nota, come fino agli anni settanta (quando è decaduta l' economia legata ai parametri di Bretton Woods) queste potevano vantare un esposizione al debito pubblico poco rilevante. Tal ipotesi è sostenutua da questo grafico:













In esso è possibile notare l' impennata del debito subito dopo gli anni 70 e la minore incidenza prima di tale periodo.
Altresì l'assunto di mobilitare un azionariato diffuso tra i piccoli risparmiatori non regge di fronte alla logica dei fatti. In realtà solo un terzo delle proprietà rientra in questo contesto.
Per inciso la propaganda riguardante il debito pubblico statale, non ha riscontri nei fatti; realtà produttive come l' IMI che poterono vantare un' attivo perdurante da almeno 60 anni furono svendute svuotando così le casse statali di importanti entrate (5). L' IMI svolgeva un' importante funzione sociale. Se durante la guerra si è adoperata nel finanziare e nel riattivare l' economie distrutte del mondo, in cooperazione con altre realtà mondiali, nel dopoguerra è stato finanziatore delle grandi industrie, piccole e medie imprese e  sostegno, sotto forma di prestiti, alla vacillante economia del mezzogiorno. Questa realtà, oltre a garantire un indotto considerevole per l' economia pubblica italiana, dava lavoro a moltissime famiglie.
In quel caldo periodo contrassegnato dalla vicenda di “mani pulite” si consolidarono eventi di rivoluzionari in grado di ribaltare la scena politica. Alcuni politici elevatisi alla ribalta nazionale, come il due volte premier Prodi, decretarono assieme a speculatori internazionali il destino dell' Italia. E' poco nota la vicissitudine assurta agli onori della cronaca come l’affaire Britannia, dal nome del panfilo, sede della riunione di capi di stato, economisti e capitalisti  dove, a largo delle coste siciliane il 2 giugno del 1992, si decretò la fine dello stato sociale e l’ avvio alle privatizzazioni. Oltre a Prodi, c' erano personaggi del calibro di Mario Draghi e Ciampi, rappresentanti di famiglie molto influenti come i Warburg, banche d' affari come Barclays e Goldman Sachs.
La storia dai contenuti spesso frammentari si é esplicitata soprattutto grazie a fonti indirette. Difatti gli organi di stampa ufficiali l'hanno si menzionata ma rivelando ben poco, specificandola tuttalpiù come un fenomeno avvolto da un alone di mistero.
Tangibilmente, inerente alla vicenda, vi sono state interrogazioni parlamentari di personalità congiunte agli schieramenti più disparati, sia di destra sia di sinistra, così come parlamentari legati alla vecchia DC. Tali appelli improntati a gettar luce su vicende d'essenziale interesse pubblico, rimasero sempre inascoltati dalla controparte governativa e contrassegnarono ciò che sarebbe diventata la condotta del potere da li a poco.
Anche negli ultimi anni la vicenda è stata riabilitata dal vituperato Brunetta che, in un convegno del Pdl a Cortina D' Ampezzo, esterna le seguenti affermazioni:
"Ve lo ricordate il Britannia? Se non ve lo ricordate", dice Brunetta, "ve lo ricordo io. Il Britannia è una nave, appartenuta già alla casa reale inglese, che navigò davanti alle coste italiane [...], ospitando dentro banchieri, grand commis dello Stato, esponenti vari della burocrazia... in cui si svolse un lungo seminario, durato un paio di giorni, in cui si trassero le linee della svendita delle aziende di stato italiane".


Non è da meno l' autorevole opinione di Sergio Romano che nel 2009, attraverso Il corriere della sera, rende manifesto il suo pensiero legato alla vicenda:
“ La crociera fu breve e pittoresca, con una orchestrina della Royal Navy che suonava canzoni nostalgiche degli anni Trenta e un lancio di paracadutisti da aerei britannici che si staccarono in volo da un incrociatore e scesero come stelle filanti intorno al panfilo di Sua Maestà. Fu anche utile? È difficile fare i conti. Ma non c’è privatizzazione italiana degli anni seguenti in cui la finanza anglo-americana non abbia svolto un ruolo importante.”
Verso Mario Draghi, altro personaggio dei poteri finanziari anglo- americani e attuale governatore della Banca d' Italia, si scagliò contro uno di quei personaggi della prima repubblica discusso per vicende spesso oscure della storia italiana: Francesco Cossiga. Egli dichiarò in diretta televisiva, di fronte ad un esterrefatto Luca Giurato,riguardo a Draghi “Un vile. Un vile affarista”, (ha detto Cossiga riferendosi ad una sua eventuale nomina a premier) “Non si può nominare presidente del Consiglio dei ministri chi è stato socio della Goldman & Sachs, grande banca d’affari americana. E male, molto male - ha aggiunto - io feci ad appoggiarne, quasi ad imporne la candidatura a Silvio Berlusconi; male molto male. È il liquidatore, dopo la famosa crociera sul Britannia, dell’industria pubblica, la svendita dell’industria pubblica italiana quando era direttore generale del Tesoro. Immaginati - ha concluso Cossiga - cosa farebbe da Presidente del Consiglio: svenderebbe quel che rimane, Finmeccanica, l’Enel, l’Eni”.
Queste parole scioccanti inducono a pensare come, sotto un apparente piano di salvataggio dei governi tecnici, vi fosse una strategia ben precisa condotta a svendere pezzi dell'Italia nelle mani di pochi speculatori.
La cosiddetta prima repubblica che tanto scalpore suscitò con la vicenda giudiziaria legata alle tangenti, è stata soppiantata nella sua fase iniziale, dai cosiddetti “governi tecnici.”
Da quell'incontro nel panfilo inglese diventarono protagonisti della scena politica principalmente personaggi italiani compiacenti ai poteri forti della finanza internazionale. Chi malediva la prima Repubblica come il male assoluto non si rese conto che, con tutte le malefatte, quei personaggi possedevano un senso dello stato e delle istituzioni che i politici successivi non poterono vantare.
Per questo il 1992 è stato uno degli anni peggiori per la storia dell'Italia e purtroppo solo adesso cominciamo a prenderne coscienza. Infatti con "mani pulite" che portò alla ribalta Di Pietro, su l' onda del coinvolgimento emotivo, gran parte della comunità civile si illuse che un nuovo corso politico e sociale potesse esserci.
Come abbiamo visto c' era chi, sfruttando la suggestione di quel periodo, ordiva un piano malefico per indebolire l'Italia dalle sue proprietà pubbliche. Non solo, il governo guidato dall'ex governatore della Banca d' Italia Carlo Azeglio Ciampi, rappresentante del mondo finanziario internazionale, (che come abbiamo visto spingevano per le liberalizzazioni dei beni pubblici) ebbe la brillante idea di sottoscrivere il cosiddetto “protocollo” assieme alle tre sigle sindacali di maggior rilievo, decretando la fine della scala mobile e instaurando la pratica della concertazione. Il risultato fu che la paga base non venivano adeguate in maniera automatica, su base annuale, ma grazie agli accordi sottoscritti da CGIL CISL UIL, una tantum.

Gli strascichi relativi a questa vicenda si sono propagati anche sul piano dialettico,con un stravolgimento del significato della parola. Nel tempo si è sviluppato un repertorio oratorio da far impallidire Orwell, autore del celebre romanzo 1984. Oramai è prassi sentire pronunciare frasi paradigmatiche, di questa paradossale situazione, quali “aumentare la produttività” che nella neo- lingua odierna significa dovete lavorare di più e meglio,“ tagliare la spesa pubblica” che nell'accezione moderna è: sempre meno servizi e conseguente riduzione dei diritti.



Fonti




1.  Www.Movisol.org
2.http://www.homolaicus.com/storia/oro/bretton_woods.htm
3.Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze, L’economia italiana nel 2006, pag.35
4.Http//:www.economiaefinanza.it/cortedeiconti.html
5.http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/11/acqua-privatizzazione-decreto-ronchi.shtml
 6. Libro bianco sulle privatizzazioni, Ministero del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, 2001, pag. 32.