domenica 29 dicembre 2013

Valium Wallace (Satira)

Il mio nome è Valium Wallace
Mi gusto tutte le rivoluzioni
Tutte le ribellioni... dal divano.
Aspetto solo il momento giusto
Quello che mi dia lo spunto
Per evaporare dal bel sofà
E unirmi al coro che saziera'
Vorace pancia e poi chissà.
Per ora devo pensare, devo capire
Come fottere il fatal sistema,
È questa ora l'unica mia pena!
Passo le giornate nella mia meditazione:
Un kilt, un telecomando, una birra piena
Sono la mia impegnativa applicazione.
Zapping a volontà per trovare l'ispirazione
Una sigaretta per aumentare l'attivazione,
Che Guevara da lassù mi guarda soddisfatto
Porto un basco che sembro un suo ritratto.
E le masse, loro, pendono dai miei unti capelli,
Brancolano ancora nel fosco buio
Coloro i quali nella spietata vendetta
Trovano nella loro angusta cameretta
Luminosa via che dal nero finalmente riscatta.

Le mie saggie esternazioni però
Non tengono ancora il cappio
Che al collo vorrebbe legarsi in quanto,
Per condurre gli smarriti nell'io sarò,
Devo aspettare il momento giusto
Quello che da scintilla diventi tumulto
Per condurli via da questa società
Anche se poi, fondamentalmente,
Tornerei volentieri alle mie comodità.

Ho narrato di un personaggio che è il prototipo del rivoluzionario dei tempi moderni. Potrebbe per questo essere ognuno di noi, tutti noi indignati per le ingiustizie del potere. È questo un "potere" che, a differenza degli altri nel corso della storia, ha capito come disattivare gli individui per qualsiasi anelito di ribellione seria. Ossia fornendo tutto ciò che abbiamo conquistato nel 900, i prodotti del cosiddetto "consumismo"... ho giocato col nome dell'eroe scozzese, per sottolineare la mancanza di ardore ed idealismo d'oggi.

domenica 15 dicembre 2013

Vuoti a rendere di Massimiliano Moresco (Impressioni)

Sirene ululanti fagocitano
Lo scintillio dei Brillanti
Nei cieli rimasti vacanti.
Occhi negli occhi,
Socchiudono serrature
In una mente pregna d'arsure.

Anziani, vuoti a rendere,
Bisticciano tra lamenti otturati,
Radiosi Soli brillano soli
Tra cuori sfavillanti d'opacità.
Tutto si profila come pura finzione,
Una minzione somigliante alla libertà.

Scassinatori d'anime
Assaporano l'immaterialita',
Forse l'unico e solo molo
Dove attraccare il vacuo
Nel porto delle eternità.


http://www.scrivere.info/poesia.php?poesia=335888

domenica 8 dicembre 2013

La mano invisibile

La mano invisibile - Poesia di Massimiliano Moresco (Riflessioni)

Uno strano dio è issato su una croce
Adorato in un regno di caos ordinato
Dove ogni degno libero astante
Si spinge in confini sempre più vasti
Allietando i monasteri del capitale.

Una mano invisibile con provvidenza agisce
Sigillando il cuore con un lucchetto di sale
Nondimeno, lo spirito suadente ghermisce.

Ma noi che ci spostiamo tra visi arresi
Anneghiamo in luridi stagni
Fondi e profondi due dita appena.

E noi che liberiamo scintille
Negli oceani della rassegnazione
Onoriamo i cancelli che aprono le menti
Vivendo in isole brulle e secche
In attesa del primo luccicante lampo
Che annunci la primula di primavera.

giovedì 5 dicembre 2013

Occhi di seta di Massimiliano Moresco (Uomini)

Occhi di seta di Massimiliano Moresco (Uomini)

Quando parli col pensiero in grembo
E la tua voce si diffonde profonda
Come la pianta che radice affonda,
Il tuo timbro è poesia.

Quando il tuo sorriso di mezzaluna
Lampeggia sorridendo nei cieli neri
Illuminando quegli oscuri pensieri,
La tua notte è magnifica poesia.

Quando i tuoi occhi di seta
Accarezzano le carezze dell'aria,
Il tuo occhio è cometa che scintilla
In un cosmo che di moltitudini brilla
...il tuo sguardo è poesia.

martedì 3 dicembre 2013

Fare anima - Poesia di Massimiliano Moresco (Riflessioni)

Fare anima - Poesia di Massimiliano Moresco (Riflessioni)

In silenzio si ode il respiro del vento
Al silenzio si dona il cuore che più non tace,
Nel silenzio si infrangono rabbiosi desideri
Da quei preziosi e luminosi palcoscenici
Ove si esibiscono la moltitudine dei sospiri
Di canti e voli circolari dai quali scintilla l'anima.
Anima sottostrato di sostanza che lieve plana
Nei bassorilievi e negli altorilievi,
Nella cui valle partoriscono i misteri
Nelle cui vette sgravidano significati
Nei luoghi oscuri e chiari
Negli spazi in cui i chiarori dei declivi
S'inerpicano per assistere, con mani sussurranti
Un cuore in disuso.

L'anima del mondo può essere considerato un luogo dove poter svolgere un percorso esistenziale. Nello specifico, è un modo di seguire la propria soggettività attraverso esperienze caratterizzanti e personali che non rifuggono l'oggettivita' ma dove, semplicemente, questa viene messa da parte in modo che possa emergere il "mondo" che agisce e trabocca dal nostro se'. Fare anima, da cui deriva il titolo di questo testo, è un espressione coniata da William Blake.

mercoledì 27 novembre 2013

Daimon - Poesia di Massimiliano Moresco (Spiritualità)

Daimon - Poesia di Massimiliano Moresco (Spiritualità)

Prima della nascita, secondo James Hillman e Platone prima di lui, l'anima di ciascuno di noi sceglie un'immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi quassù, un daimon, che è unico e tipico nostro. Tuttavia, nel venire al mondo, secondo questa concezione dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere venuti vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto, è lui dunque il portatore del nostro destino.

Ci guida da lassù, daimon
Nel sentir che appaga
L'ora perspicace e funesta;
Consigliar nel sonno intende, intende
Rivelare la sua natura albeggiante
Che insinuarsi nel sogno vuole.
Ancora io ricordo nel cuore greve
Nel cuor che assale ogni speme
Quel nitore netto da qual destino
Tutti noi, con inusuale urgenza,
Discendiamo irradiando luce
Da luce di primordiale scintilla.
Ed è freccia scoccata nell'essenza
Senza ricordi da acarezzare
Senza lezioni da impartire
Ma che vocazione spinge,
Spinge nel rivelar un'inclinazione
In quei sintomi che volteggiano
Nei volti velati dal vento,
Dileggiando onnipotente
Il senso del comune sentire.

mercoledì 9 ottobre 2013

Libertà e liberismo - Poesia di Massimiliano Moresco (Sociale)

Libertà e liberismo - Poesia di Massimiliano Moresco (Sociale)

Ama e ridi,
Gioisci, la grazia scende dal cielo,
Una tonalità di colori sfuocati
Si arrende all'evidenza
Dei tuoi sospiri.
Le loro parole, saggie
Ti avvolgono in bozzoli filamentosi
Scolpendoti un mondo rosa necessario
Scolpendoti un sentiero
Che sfocia in un grigio emissario.

Austerity!
Recitano in coro
Con visi e scolpiti
E sguardi sgualciti.
Austerity!
Pur sapendo che l'evidenza
Si manifesta in tutto il suo furore.
Austerity!
Per saziare i desideri
Di decadenti predatori
Dilaniatori di vitali anime.

Anime,
Appese al crocefisso dell'integrazione.

sabato 21 settembre 2013

Il cuore in borsa - Poesia di Massimiliano Moresco (Ribellione)

Il cuore in borsa - Poesia di Massimiliano Moresco (Ribellione)

Porgo il mio cuore in salamoia
Per riparararlo da collose consuetudini.

Riparo il mio corpo dai deliri estetici
Per assaporare lo zucchero di frammenti estatici.

Assolutizzo il passo nel cesso dell'esistenza
Adombrando felinamente la costanza
Nel suo tintinnio di petulante cadenza.

È elementare
Come la meccanica del mare
Quest'osso che scarnifica la pelle.
E sembra proprio guardarmi beffardamente
Con occhi compiti e ostinati
Verso i mari inviolati
Verso i draghi ammainati
Che eternamente attualizzano il pozzo
Laddove lembi di fuoco
Violentano il fiotto della volenterosa volontà.

domenica 15 settembre 2013

Mano secca








La prospettiva per individuarsi
Prevede solitudine.

Sarà perché appoggia un masso,
Sarà perché libera un flusso
Nei sentieri liquidi del mare mosso.
La vela al vento
Non chiede mai permesso
Per volare verso il suo successo
E la condizione delll'umano canto
È perire nel proprio incanto:
Laddove l'io salpa nella voglia
La volontà libera ogni briglia.

Seppur la mandria si situa negli impulsi elettrici
Ridondante nella crisi ermetica
La lava che cola golosa
Brama, silente ma presente,
Il palazzo innevato da un usato manto.

Sembra edificante origliare il golgota,
Può essere allettante seguire itaca
La tentazione di sorridere alla confusione
Entra nell'arredamento della mente.
Ma la melodia s'allinea sulla porta
Ed è importante essere all'erta
Nell'eventualità che una mano secca
Pervada il delizioso mistero dell'alba.

Il sonno della ragione

Ho perso un sogno
Nel sonno della ragione.
Ho sparso semi nel buio cielo
Per origliare i sussuri del vento
Raccolti nel ventre di ogni canto.

Ho comprato un pezzo di bellezza
In cambio di fisionomie accecanti,
Di filosofie beffardamente lucenti
Piegandomi al fascino dell'accortezza.

Ma la prudenza ha partorito incertezza
Un veleno di buoni consigli,
Da conservare nel proprio bagaglio
Come fa la vergine con la propria purezza.

Ho poi svenduto la lucentezza degli occhi,
I fiori che sbocciano oltre i cancelli
Per assaporare gli stolti codici
Delle convivenze di tanti fratelli.

Il sonno della ragione

Ho perso un sogno
Nel sonno della ragione.
Ho sparso semi nel buio cielo
Per origliare i sussuri del vento
Raccolti nel ventre di ogni canto.

Ho comprato un pezzo di bellezza
In cambio di fisionomie accecanti,
Di filosofie beffardamente lucenti
Piegandomi al fascino dell'accortezza.

Ma la prudenza ha partorito incertezza
Un veleno di buoni consigli,
Da conservare nel proprio bagaglio
Come fa la vergine con la propria purezza.

Ho poi svenduto la lucentezza degli occhi,
I fiori che sbocciano oltre i cancelli
Per assaporare gli stolti codici
Delle convivenze di tanti fratelli.

Il sonno della ragione

Ho perso un sogno
Nel sonno della ragione.
Ho sparso semi nel buio cielo
Per origliare i sussuri del vento
Raccolti nel ventre di ogni canto.

Ho comprato un pezzo di bellezza
In cambio di fisionomie accecanti,
Di filosofie beffardamente lucenti
Piegandomi al fascino dell'accortezza.

Ma la prudenza ha partorito incertezza
Un veleno di buoni consigli,
Da conservare nel proprio bagaglio
Come fa la vergine con la propria purezza.

Ho poi svenduto la lucentezza degli occhi,
I fiori che sbocciano oltre i cancelli
Per assaporare gli stolti codici
Delle convivenze di tanti fratelli.

Il sonno della ragione

Ho perso un sogno
Nel sonno della ragione.
Ho sparso semi nel buio cielo
Per origliare i sussuri del vento
Raccolti nel ventre di ogni canto.

Ho comprato un pezzo di bellezza
In cambio di fisionomie accecanti,
Di filosofie beffardamente lucenti
Piegandomi al fascino dell'accortezza.

Ma la prudenza ha partorito incertezza
Un veleno di buoni consigli,
Da conservare nel proprio bagaglio
Come fa la vergine con la propria purezza.

Ho poi svenduto la lucentezza degli occhi,
I fiori che sbocciano oltre i cancelli
Per assaporare gli stolti codici
Delle convivenze di tanti fratelli.
Ho perso un sogno
Nel sonno della ragione.
Ho sparso semi nel buio cielo
Per origliare i sussuri del vento
Raccolti nel ventre di ogni canto.

Ho comprato un pezzo di bellezza
In cambio di fisionomie accecanti,
Di filosofie beffardamente lucenti
Piegandomi al fascino dell'accortezza.

Ma la prudenza ha partorito incertezza
Un veleno di buoni consigli,
Da conservare nel proprio bagaglio
Come fa la vergine con la propria purezza.

Ho poi svenduto la lucentezza degli occhi,
I fiori che sbocciano oltre i cancelli
Per assaporare gli stolti codici
Delle convivenze di tanti fratelli.

venerdì 7 giugno 2013

Pupille tigrate

Non posso
non vengo
non carpirmi,
tanto non vendo
il buono e l'orrendo
se riesco mi stendo
so anche abdicare
dal sole riflesso
dal vento  perplesso,
che son'io
quando miagolo col cuore.
Ma,
il fiore nascente
il buio calante
il magma esondante
l'istinto bruciante
sono pugni a cui
non so sottrarmi
pugni che so contenere
con guardia alta
con spalle serrate
e pupille tigrate.

domenica 26 maggio 2013

Tacete voi da quelle scatole parlanti




Tacete voi, da quelle scatole parlanti
tacete coi vostri accecanti sensazionalismi
tacete ora, con quei convinti sorrisi petulanti
voi scellerati opinionisti, populisti, redazionalisti
svegliate quelle mormoranti e lamentose cicale
le avete riempito giacigli di comoda paglia
e si inondano in un mare che voluttuoso sale
come nero catrame in squarciante faglia.

-E' pur vero che un Europa forte è un grande sogno
ma ora si sta profilando un ammaliante inganno-

Con la leva dell'orgoglio, con fallace pregiudizio
e con quel velo di ostentato buonismo paterno
avete riempito di retorica ogni umano orifizio
voi negazionisti, pur smascherati e con le spalle al muro
ponete tutti sull'attenti, ritti come le stalattiti dal general inverno
e se qualcuno obbietta, è canzonato in lontano tempo duraturo.
.
Certo è meglio discettare del Belzebù col bunga- bunga
che la sua morale ci affossa in strazianti mari di lussuria
e se in delirio senza fine, sostenete vuota arringa
scudisciate frusta per l'italiano ancor perso in baldoria!

E' questa l'in- sondata radice del nostro albero del peccato
ed è per questo che mangiamo questa mela avvelenata
il gigante ha ascoltato la melodia e s'è addormentato
e il caudillo lesto col pennacchio "spadacchia", op là, la testa è tagliata.

Persino se il bicchiere in molti cocci è spezzato
continuiamo a vederlo mezzo pieno, con italico ottimismo
e seppur fosse un placebo, "nessuno ha mai ammazzato"
ma or ora può agire senza alcun disturbo, il tronfio imperialismo.

mercoledì 17 aprile 2013

Dialoghi con l'anima

Oh anima, effondi gli effluvi
di forze potenti, tu che erompi
la porta dell'alto celeste,
lasciami condurre la biga
dei cavalli indomati. 

Quanto disprezzo soggiace
nel profondo dell'intimo
ti osservo nelle tue espansioni
in ogni valle del creato
nel mio intimo celato
ma io ti inseguo
guidando me stesso con passo tremante
e il buio esistenziale mi acceca
fuggo da una luce
che è bramata come il prezioso oro,
protendo verso tanto splendore
ma rimango abbagliato da tanto chiarore.

"Fallace essere umano
nella tua cieca permanenza terrena
vuoi mostrare te stesso
con ammalianti parole
almeno resta in silenzio
se intendi comunicare
senti quanti saperi 
affiorano come sbuffi improvvisi
dalla forca del drago
senti, dalla fonte dell'oblio
quanta lava possa eruttare. 
Non ti accorgi che la parola
insegue se stessa
e si pone su un altare
dove gli uomini possano 
deporre i loro doni?
Non vedi come esse siano
un vuoto oscuro
che inghiotte i tuoi respiri
e ti reifica la vita?
Queste parole possono avvolgerti
in una ragnatela di ferro 
di un metallo luccicante
e tu diventi un bozzolo
che imprigiona le tue membra
e continui a starnazzare dalla tua cella dorata;
giri come scimmia impazzita
e non avverti come
stai alzando alti muri
e profondi fossati
per sfuggire al canto del mondo". 

Certo anima bella, seguirò il tuo volere
mi prostrerò umilmente ai tuoi piedi
dimmi cosa vuoi?

"Queste assurde suppliche
sono solamente dei stolti conati
che offendono le mie orecchie.
Pensi che queste implorazione
e qualche dono su un altare
possano risvegliare il mistero?
Non credere che queste sciocche usanze 
possano far vibrare le mie possenti corde
e richiamare l'attenzione del creatore.

Questi sono solamente dei puerili
pianti che abitano le tue credenze.
Visto che sono imprigionata in te
vorrei che tu lavorassi su te stesso
con coraggio e sapienza.
Ti inerpichi in buie gallerie per sfuggire
a ciò che importa per noi.
Voi uomini avete eliminato il male
e lo avete posto nel fondo dei vostri cuori.
Ma esso si ribella in quanto forza indomita
puoi negarla ma agiterà le tue notti.
Vorrei che seguissi nel tuo cammino 
gli insegnamenti della madre terra;
vedi quell'albero vuole ascendere verso l'immenso
ma ha potenti radici per farlo
mentre voi umani siete dei fuscelli
che un debole vento può abbattere
senza fatica alcuna.
Voi avete eliminato il male
e vi è rimasto il bene che cresce su radici aride
perché scava terreni sterili.
Entra in te stesso nel tuo oscuro magma
senza scartare il nero che ti avvolge
la tua ombra ti insegue
fa sussultare le tue viscere 
esilia le tue usanze
e sonda le apparenze
hai bisogno di radici potenti
però, per contemplare il cielo.
Fin'ora non hai fatto altro che 
volere ascendere alle alte vette
con una scala di parole..."

lunedì 4 marzo 2013

Sentire col cuore





Discutere di ricchezza e di "ricchi", delle ingiustizie ad essa legate, della povertà che ne fa da contraltare, inducono a ragionare con una certa, seppur, affascinante superficialità. Non è per forza un male intendiamoci. 
Anzi, talvolta preserva da deliri psicotici e arreca, di conseguenza, maggiore serenità. Però,  in uno di questi giorni mi ha toccato una sorta di intuizione in quanto, contemplando un tramonto, ho compreso quanto possa essere folle ed estremo il mondo sicuro ed ovattato che ci siamo creati. Ammirando il declino del sole ho potuto notare altri piccoli particolari: la presenza non minacciosa di nuvole (il quale conferiva al cielo profondità e colori bellissimi), alberi scroscianti in attesa della lunga notte, uccelli volteggianti in traiettorie mai banali,insomma da ciò ho dedotto quanta spiritualità vi sia nel mondo e di quanto essa scompaia, discreta, all'arrivo di coloro i quali misurano la loro felicità col tintinnare del denaro. Ho ringraziato l'esistenza di farmi dono di sensazioni intime che si possono provare e mai comprare. Adesso capisco perché luoghi bellissimi come Portofino o Cortina sanno di tristezza, perché la loro "anima" si è ritirata per non essere violentata dall'arroganza del potere di chi tutto può comprare ma è sorda e "timida" di fronte a certe debolezze umane.













Questa incapacità di sentire, questa malattia della logica che tutto riduce a rapporti di grandezza, a questa sovranità del Freudismo, il quale tutto riduce a sintomi e malattie, limita l'uomo a mero dato, a puro istinto. Purtroppo anche aver eliminato le fantasie, manifestazioni spontanee e traboccanti della nostra psiche, che ci caratterizzano come esseri unici, sono diventati un grosso problema. Jung affermava "“gli Dèi fuggiti sono divenuti malattie”. Come non dargli  ragione. Anche se l'uomo moderno ha liquidato queste "fantasie" come qualcosa di inutile e dannoso, esse non smettono di agire nella nostra parte  inconscia e chiedono un loro spazio attraverso sintomi, paure ignote, lapsus.
Hillman, il più originale seguace di Jung, suggerisce di recuperare il mondo mitico della grecità psichica. Il mondo mitico si differenzia dal mondo logico e lineare per adottare una formazione del tempo circolare. Nel tempo circolare gli eventi storici ritornano potendoli collocare e attualizzare in speciali contesti. I miti generalmente servano per spiegare la nascita dell'uomo, gli eventi  e gli agenti scatenanti di questo misterioso antefatto. Il rito serviva (e serve ancor'oggi per alcune civiltà che vivono ancora i propri miti) per impossessarsi pervicacemente o meglio per interiorizzare quelle pratiche esoteriche utili a comprendere l'origine della creazione, ritenute sacre  e vere in quanto narranti le gesta degli Dei, fondatori del mondo. Questo elemento riempe di senso l'orizzonte immaginifico dell'uomo e permette la trasmissione del patrimonio culturale di un dato popolo (1).  Attraverso la narrazione vi è una presentazione della realtà fattuale e non extra sensibile, immaginata a livello noetico, come pura intellezione, dove  appunto i fatti sono spiegati con immagini con una forte connotazione affettiva. Possiamo immaginare come il mondo mitico, in tal contesto, possa adombrare quello del logos, della parola, per via della capacità di rappresentare un mondo estetico, caldo e dalle forti connotazioni emotive. Certamente il primato della razionalità non solo ha schiacciato quello del mito ma forse lo ha compresso in categorie etichettandolo come "non vero", non utile e quindi da rigettare in toto. E' forse utilizzabile solo per poesie e racconti per appagare un indefinito senso estetico o un non meglio identificato bisogno di sfuggire dalla realtà per mezzo della fantasia.
In realtà questo mondo d'immagini sembra vivere una vita propria e richiede alla "vittima" uomo di attualizzarsi nel mondo.  Come dice Jung, in qualche modo siamo vissuti, proprio da quelle immagini che seppur apparentemente illogiche, costituiscono il linguaggio dell'anima, come ben ci annuncia James Hillman (2).  
Questo mondo seppur stigmatizzato negativamente, violentato  e smitizzato è tornato prepotente nei sintomi, secondo la tesi di Hillman,(3) che ci avvertono quasi urlando la loro realtà immaginale. In effetti, è lo stesso psicologo americano che ritiene impossibile la fuga da quel mondo in quanto, la psiche, è costituita da immagini e i suoi mattoni fondamentali sono propri quegli archetipi, quei modelli umani, descrittori di una particolare realtà che ha in ognuno connotazioni universali (valide per tutti) ma personali (rappresentate e vissute con modalità diverse). 
L'idea di Hillman, fondatore della psicologia archetipica, è di riscoprire quel mondo per curare una psiche inaridita dalla sovranità dei concetti, il quale banalizzano le esperienze umane ingrigendo il senso dell'uomo stesso. 

Per Thomas Moore:  “La psicologia archetipica non è una psicologia degli archetipi. La sua attività primaria non consiste nel far corrispondere temi della mitologia e dell’arte ad analoghi temi della vita. L’idea è piuttosto di vedere come mito e come poesia ogni frammento della vita e ogni sogno.” (4)

In ultimo, è lo stesso Hillman che porta all'attenzione i pericoli insiti nel mito. Ossia la tentazione di sacralizzarlo, di prenderlo alla lettera in toto come è tramandato, perdendo di fatto quella tipica connotazione di stimolatore di significati arcaici e contenitrice d'elaborazioni personali.



1. http://www.poiein.it/autori/M/mito.htm
2. "Il codice dell'anima"  James Hillman, Adelphi, 1997
3."La vana fuga dagli Dei" James Hillman Adelphi, 1991
4. "Fuochi blu" Thomas Moore, James Hillman





Quanta fatica a chiamarla poesia
sudo pudore a rileggere ondivaghi stati emotivi
osservo i suonatori di corde celesti
di chi innalza lo spirito facendosi eone
vorrei catapultarmi nel pleroma
in effetti, sono un sasso buttato nell'ignoto.


Reazione e soluzione,
genufletto goffamente la crisalide
per sopperire alla pesante terra
vorrei anch'io bearmi amabilmente
rapirmi in un crogiolo di emozione vera
dissuadermi in emozioni sfavillanti.



Provo ad immaginare l'immaginifico:
odo un impasto di colori rapaci
scruto note susseguirsi in zampillanti eruzioni
affastellate dalla pura volontà;
immerso nella nebbia della perspicacia
distinguo suoni frammisti a echi
nella terra dei poeti,
provo ad azzannare libri
digerendo parole distanti.


Chissà il mio povero orgoglio
un onesto dileggio s'affaccia beffardo
reagisco all'offesa mi gonfio di ego
delusione, in espansione, in erosione
non si sfugge,
divento un bozzolo
e mi richiudo in esso
nella sua adombrante
 rimbombante accoglienza.

domenica 17 febbraio 2013

L'arte immaginativa



Una forma di cura contrassegnata da meno parole e da più immaginazione sarebbe un passo avanti per superare molte nevrosi col quale, volenti o nolenti, molti di noi sono costretti a convivere. Jung affermava come fosse necessario collegare conscio e inconscio, attraverso l'immaginazione attiva. Ossia la capacità di dar libero sfogo alla fantasia con le sue dinamiche inconsce, spesso illogiche e ambivalenti, per farle confluire in un orizzonte comune lo spazio conscio, il quale, grazie all'accettazione e alla comprensione di certe dinamiche, determinano l'integrazione di immagini e fantasie nel proprio sé. Inizialmente può essere piuttosto sconcertante trovarsi di fronte a pensieri ed immagini contrastanti con la visione che abbiamo di noi stessi. E' inevitabile il crearsi di una tensione tra immagine "ideale" e stereotipata di noi stessi e il nuovo complesso dinamico il quale irrompe nella coscienza lasciandosi spesso sgomenti. Tuttavia quando il nostro io entra in contatto con l'inconscio, così diverso dell'immagine artificiosa che ci siamo creati ma le accetta come parti importanti del proprio sé, potrebbe avvenire un cambiamento: la funzione trascendente. Ossia trascendere lo stato di tensione venutasi a creare per ricreare un nuovo equilibrio. E' importante comprendere come l'io (forse è una caratteristica dell'uomo moderno?) con la sua limitatezza pretende di essere nel contempo onnipotente. Esso non accetta le limitazioni dell'esterno ne tanto meno quelle interiori. E' così plausibile e scontato aspettarsi da parte del soggetto un rifiuto della istanze inconsce, in quanto possono essere un reale pericolo per la tenuta psichica del soggetto. Credo di poter affermare questo in quanto è un evento che si sta verificando in me ed una via che ho trovato per contrastare le energie erompenti dell'inconscio è quello di farlo parlare: 


Depressione,
forma di silenzio di vuoto fertile
dove l'inesprimibile diventa svelabile
intessuta di nere spirali
dove attingere fiorellini
e mietere i freddi strali.

Fosche tenebre all'orizzonte
indicano la strada che portano alla fonte.

Come Thor, martellerò tuoni
per benedire la terra
celebrando nuovi acquazzoni.            
Come Zeus, ghermirò la folgore
fermezza nel potere
conferitomi in amore.

Costringo e mi dispongo
con assenso al mio volere
nuova luce, che osservo scettico
-come vecchio truce-
con spirito penetrante e antico
colgo nondimeno l'innocenza
un affiorare di nuova speranza.

Volontà di potenza:
rimpiazzare la volontà
per anelarne l'essenza
lasciando affluire bontà
profonda e pregnante sapienza
antico aforisma di genialità,
umiltà che sgorga in piccoli anfratti
includendo pensieri ritenuti inadatti
dove il regno della fantasia
si mescola a quello dei fatti.

Una nuova prospettiva:
Etica intrisa di pathos
schiudente un nuovo ethos
in minoranza d'altrui logos.


Ho tentato, forse maldestramente, di dar voce ai processi inconsci lasciando vagare la fantasia su temi che evidentemente per me hanno una certa importanza.Per Nietzsche l'inconscio è l'origine delle arti: l’essenza di tutte le arti risiede nell’inconscio: la più chiara è la voce della musica… Nel mondo dell’inconscio non esiste l’intenzione: la creazione artistica è una creazione istintiva” (Nietzsche,1921).
Questa da me composta sotto forma poetica, non vuole pretendere di essere chissà quale costrutto artistico in quanto la poesia, come tutte le arti, abbisogna di una certa forma. Elemento il quale non è presente in questo scritto in quanto l'unica preoccupazione di cui mi sono dotato dopo averla "buttata" su foglio era quella di renderla minimamente fruibile per i lettori.

L'anima mercuriale


Avete mai provato a prendere il mercurio? fugge e si dilegua similmente ad un anguilla. L'anima, questa presuntuosa presenza, tenta in ogni modo di scavarsi un sua via ma pretende di non essere manovrata, di  non essere inserita in luoghi temporali o in pensieri asettici. Deve e vuole viaggiare libera e sembra avere uno scopo ignoto a gran parte degli uomini...

Quanta amarezza trascino con le stanche braccia
quanto tormento assegno al mio cuore
acciottolo pensieri nel sentiero dell'anima
per favorire i suoi rotondi ghirigori.
Sono una spugna che assorbe dolore
traggo dall'esistenza stille di sudata vita
scavo nei sentimenti con mano tremante
costretto a sobbarcarmi l'ingombro della forma
un anima cerco, l'anima fugge mercuriale.

Inseguo storpie e languide emozioni
in un estinta trepidazione contenuta
Mi riservo di giudicare e osservare l'ineluttabile
spremere il limone consunto dell'esistenza
un amaro sorso "op là"
e via con desuete illusioni.



martedì 22 gennaio 2013

Cedo al sarcasmo

Oh, Finalmente! sono un meccanismo ben oliato
Ah! Dopo immemore  tempo posso trasfigurarmi
Si! Nel ventre sociale attualmente aggregato.

Nella melma acconsento perdermi;
confuso nella folla non più sprezzato
tradisco il mio genio, però
mi abbevero dalla fonte dei pensieri fermi
 inalo strani miasmi
 ma si dai, mi tolgo l'impiccio,
 il branco mi ha accettato
leggermente dissociato
 riabilitato nello spirito del tempo
lampo di modernità.
Ci tengo,
il battito sale scompensato,
 insomma inondato
da confusa emozione.
E' unaffrancarsi dai vermi
striscianti, onesti, prevedibili
e  per questo petulanti.
 In fin dei conti
 preferisco compiacere
il mio dis-simile.
.

Ora, posso finalmente puntare il dito
discriminante della mia umanità.
Ora, sono capace d'intendere e volere
 isolato tra isole ma senza ambiguità.
Ora, mi sollazzo nell'affliggere
forte della mia nuova autorità.
Il mio reparto psichico
si avvale di eminenti ministri:
Sir discrimination, Sir diversfication, Sir fragmentiaton.

Adesso, ostento sarcasmo
per nascondere il conformismo
arma riarsa dell'intimità
non faccio allarmismo
Mi beffo, della dolorosa alterità.

Mah, è forse vero, non sono speciale
Ehi! Te, Es, fai troppo male- meglio non pensare-
 mi posso accovacciare
senza slanci, né picchi, né cadute
solo tra altri desertici soli
in compagnia di automatici automi .










giovedì 10 gennaio 2013

la necessità curativa del capro espiatorio






La necessità del capro espiatorio sembra essere comune e trasversale ad ogni società affacciatasi  lungo l'arco della storia. Quando una comunità di persone accumula una quantità enorme di "negatività", individua generalmente  un soggetto o un gruppo di individui, introiettando loro tutto il male della comunità. Quindi sembrerebbe essere, per certi versi, una funzione positiva per il bene di tutta una circoscritta popolazione. Ovviamente non per coloro oggetto di tali attenzioni il quale generalmente sono individui che hanno ben poco a che fare con questi sentimenti o con tali "colpe". Un comportamento così arcaico sembra sopravvivere anche ai giorni nostri, nell'epoca degli auto-proclamatisi "civilizzati". E' molto comune infatti proiettare sugli altri, sui diversi, sul vicino, sulla nazione confinante, i propri mali pur di non vederli materializzare dentro noi stessi. Questo atteggiamento è perfettamente comprensibile, in quanto un eccessivo avvicinamento al male potrebbe alla lunga disintegrare la nostra immagine formatasi a fatica nel tempo. 

Hans Jonas afferma:  "Concedendo all'uomo la libertà, Dio ha rinunciato alla sua onnipotenza" ossia, per amore del uomo, Dio stesso ha rinunciato a parte del suo potere. Quindi solo attraverso il male l'uomo può redimersi e scegliere liberamente il bene per se stesso. Il bene e il male perciò sono presenti dentro noi ma il cuore dell'uomo anela alle altezze immaginifiche e benefiche del bene. Come suggerisce Jung "Ci sforziamo di raggiungere il buono e il bello, ma al tempo stesso afferriamo anche il malvagio e il brutto, poiché nel pleroma essi formano un tutt'uno col buono e col bello. Se invece restiamo fedeli alla nostra essenza, cioè alla differenziazione, allora ci differenziamo dal buono e dal bello, e perciò anche dal malvagio e dal brutto, e non cadiamo nel pleroma, ossia nel nulla e nel dissolvimento". (Libro Rosso).


Hieronymus Bosch



 Per moltissime popolazioni arretrate del passato considerate selvagge, questa necessità di esperire il male era ritualizzata in cerimonie collettive, dove tale forza, veniva espressa sotto forma simbolica, artistica, con danze e balli. In questo modo liberavano in modo catartico questa funesta energia per ricongiungersi al proprio sé integrato.

Oggi nell'epoca della razionalità imperante, questo mondo sottostante sembrerebbe  agire comunque, al di là della nostra volontà. Agisce in quanto forza presente nell'uomo forza che, se non sublimata, può creare e talvolta crea effetti catastrofici. Invero, se questa energia non viene colta, compresa e persino amata, rischia di distorcersi, donandoci ( si fa per dire) aggressività deformate e, paradossalmente, più irrazionali. Tale forma di energia, a mio avviso, pretende (visto il poco controllo che su di esse abbiamo) di affiorare alla luce, attraverso sintomi fisici o mentali, scoppi d'ira,  ossessioni e depressioni. Queste manifestazioni  erompono,   emergono nella nostra coscienza, fissandoci in un dato contesto problematico, inducendoci a ripensarlo come prospettiva di nuovi scenari. Tuttavia non è un caso che siamo così attirati dal male: quando succede un incidente automobilistico sarà capitato a chiunque di osservare schiere di macchine fermarsi nel luogo dell'accaduto. Per molti di noi osservare il male in una forma così indiretta può essere paradossalmente terapeutico. E' insomma un modo per osservare qualcosa che la società ossessivamente sicura (la sicurezza come spot elettorale!!) di oggi ha completamente eliminato. Nella prospettiva Junghiana questo insieme di problemi sono, se riconosciuti, un importate momento e occasione di libertà in quanto, se non si offrono a se stessi semplici risposte falsamente rassicuranti, possono diventare occasioni di crescita spirituale e psicologica (Jung, Risposta a Giobbe). 
E' da sottolineare  l'importanza della accortezza nel manovrare certe forze. In sostanza bisogna essere abbastanza preparati quando liberiamo certe forze inconsce, in quanto possono portare a liberare energie molto potenti, di difficile gestione.
In sostanza riconoscere il male può essere un modo per differenziarsi da esso, per sublimarlo attraverso un percorso "artistico" non più appannaggio di chi in questa etichetta si loda e si  lascia lodare, ma dell'essere umano, creatore di "opere", emanazione del suo amorale e potente  mondo interiore.  Questo processo così tragico e difficile da affrontare, seppur percepito come evento assurdo (1.), può essere una tappa fondamentale del nostro processo esperienziale utile alla partecipazione del mondo creativo dell'uomo.


Bibliografia e approfondimenti

Jung, Libro Rosso, Bollati Boringhieri, Torino
Jung, Risposta a Giobbe, Bollati Boringhieri, Torino
Jonas, lo gnosticismo, SEI, Torino
http://www.sfi.it/archiviosfi/cf/cf6/articoli/sgobba.htm

mercoledì 9 gennaio 2013

Voglio strisciare




Voglio strisciare
per annichilire il mio orgoglio
sfrontato, teso, avvolgente.
Rido in faccia al mio avversario
nel becero duello apparentemente vario
nell'umiliazione, sconfitto oltre il pudore,
leggo sulla sue ciglia a mezzaluna
stordente stupore.
Questo però mi rallegra il cuore
perché una zanzara succhia bramante il mio ego
sono si svuotato, oh mio Dio, ma non mi piego.
Il mio cervello è una riunione di patti scellerati
sconcertanti e sincopati.
 Tutto è prodotto per attingere fatti di brutalità inaudite
Capite?!
I gangli si trasformano in ricettacoli avvolgenti
gaudenti!
Brutali, ottundono ed attendono un elisir di dolce vita
ammansita, da illusioni che scorrono dolci
(pulci saltellanti in connessioni senza pudore)
sinapsi che attendono - sole- il sole
instillano, come scenografie brillanti
i nostri film illusionistici:
fantastici mondi di regni immaginifici.

lunedì 7 gennaio 2013

Ideale e anima



Un uomo che percepisce l'attimo presente non ha bisogno dell'ideale. Questo secondo Nietzsche è il manifestarsi dell'uomo nuovo, di colui il quale non osserva l'ombra del vero della caverna Platonica, ma è egli stesso vero, in quanto è un libero fluire che plasma senza darvi forzatamente un senso. Egli stesso quindi è uno sgorgare, zampilloso, magmatico, di pura creazione. L'uomo crea a prescindere dalla propria volontà e normalmente si manifesta nella libertà dei sogni e nell'arte immaginativa. Però se la volontà si pone in contrasto con la fertilità del creare ne incaglia lo spirito nella fredda gabbia della staticità. L'idealismo, secondo questa visione quindi, si contrappone alla vita, in quanto pone l'essenza dell'uomo nel senso dell'altrove dove regna la staticità e, di conseguenza, dove regna un mondo sicuro. Ma questa certezza poggia su basi traballanti che pongono l'essere umano nella condizione di obbedire all'immagine idealistica. Per questo nella visone di Nietzsche è bene affidarsi alla realtà terrena: gettare quindi le basi sul nero della terra il quale, con la sua impurità, diventa l'unico luogo fertile per la germinazione dei semi dello spirito.
Dei punti in comune li troviamo nel Libro Rosso Di C. G. Jung. Egli sostiene come l'ideale sia importante per l'essere umano finché non si pone in contrasto con la sua vita. E' come un sostegno, una metà agognata che motiva ma va necessariamente  abbandonata qualora (o nel momento in cui) il suo compito si esaurisce. Afferma lo psichiatra, " gli ideali in conformità con la loro natura, sono stati desiderati e pensati, ed esistono in questo senso, solo in questo senso. Ma la loro efficacia è innegabile. Chi pensa di vivere o di poter vivere nella realtà i propri ideali soffre di megalomania e si comporta da pazzo atteggiandosi lui stesso ad ideale: ma l'eroe è caduto. Gli ideali sono mortali per cui è meglio prepararsi alla loro fine [...]l'ideale è uno strumento che possa essere accantonato in ogni momento, una fiaccola sulla strada buia..." (L. R. Jung, p.157). 
L'ideale quindi porta celato il duplice messaggio di rinnovamento e guida nell'oscurità ma pure vi è insito il comando, quel tu devi, che in Nietzsche deve necessariamente essere trasceso, attraverso le celebri tre metamorfosi dello spirito. Il cammello il quale risponde all'imperativo "tu devi", non segue invero la sua volontà, preferisce porgere la sua vita  servizievole, nelle mani altrui in modo da garantirsi un po di sicurezza e cibo senza preoccuparsi d'altro. E' insomma l'allegoria dell'uomo a suo agio nel gregge che vende la propria libertà in cambio di beni rassicuranti. Ma il filosofo Tedesco in tono profetico annuncia la necessità di un cambio di rotta. Dovrà subire una metamorfosi nel "leone", nel colui che ruggisce, è l'io voglio, che pretende la libertà dal drago il quale lo rende schiavo con i suoi comandi. Il drago dalle mille scaglie d'oro ossia la rappresentazioni di tutti i valori, i comportamenti, la morale imperante e la morale stessa, gli atteggiamenti che agendo come costrizioni nell'inconscio inducono l'uomo a vivere una vita non autentica. Nietzsche infatti intravede nell'essere umano  un artista, un creatore, creatore di valori utili alla sua vita, che potenzia la vita stessa. Il simbolo di questa trasformazione è il leone,  un ruggente ribelle che si scaglia contro queste imposizioni che lo pongono in uno stato di sottomissione. Egli, con la sua forza animale distrugge quindi questi modelli di comportamento, questi valori per far spazio all'ultima trasformazione:  "Creare valori nuovi – di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione – di questo è capace la potenza del leone." (Nietzsche, Così parlò Zarathustra, p. ..). 

Insomma, spetta  al leone creare un vuoto dai condizionamenti, un terreno fertile per l'ultima trasformazione, quella del fanciullo. Egli è, diventa puro gioco creativo,l'oltre uomo. Colui che crea per creare e il suo fine si esaurisce nella gioia di manifestare il proprio sé senza scopi, un dire si gioioso alla propria natura senza gravami esterni, con l'innocenza del gioco.
Un pensiero enigmatico ad una lettura superficiale potrebbe sembrare inaccettabile. Jung afferma : " dovremo crescere come un albero che non conosce neppure lui la sua legge. Restiamo invece vincolati alle nostre intenzioni, senza sapere che l'intenzione limita, anzi esclude la vita.Crediamo di poter rischiarare l'oscurità con le intenzioni e in questo modo non cogliamo la luce". (Jung, p.32)
In un altro passo Jung afferma che vivere  non è necessariamente un piacere anzi è un fardello tragico, un percorso periglioso, pieno di insidie, da percorrere come compito dell'anima e per l'anima, come affermerebbe giustamente Hillman.
L'ideale non va abbandonato quindi anzi va sostenuto incoraggiato, capendo e carpendo la sua funzione im-permanente e fugace. E' una sorta di fiaccola che illumina il buio del mare in tempesta ma che, giunti a destinazione, è utile lasciare spegnere, in quanto  la sua benefica fiamma cessa il suo effetto e dovrebbe lasciare spazio  alla luce di altri combustibili più adeguati. 
L'essenza dell'uomo è come il mercurio. Qualcuno ha mai cercato di prendere il mercurio? Sfugge via come una serpe tra i rovi! L'anima dell'uomo non può essere incagliata ma INCANALATA verso mete soffuse e poco chiare ma che lampi e chiarori gettano istantanei bagliori sull'intricato sentiero da percorrere.
Nell'occidente, da Cartesio in poi, si è separata in maniera arbitraria la mente logica da quella creativa, generando, di fatto, le costituenti della scienza moderna. Forse in quel momento era necessario, era quella fiaccola che serviva a percorrere la necessità di una scienza indubbiamente foriera di grandi vantaggi per l'umanità.
 Tra gli altri, proprio Jung si era accorto di questa scissione e in un capitolo del libro rosso avviene un colloquio dello psichiatra(nel sogno) altamente simbolico, quello con Izdubar. Trovo che "l'incontro" di Jung con Izdubar sia uno dei passaggi di maggior pregio del libro per la densità poetica, per l'altezza dei contenuti e per la capacità di utilizzare un linguaggio semplice, pur nella sua complessità . In questo capitolo del Libro (che a mio avviso va letto con moderazione. E' come una medicina: a piccole dosi è benefica in grandi quantità provoca disturbi, almeno personalmente) troviamo una grande intuizione, specialmente per l'epoca, ossia l'incontro tra occidente ed oriente. In tale presentimento Jung credo abbia afferrato, come una tremenda folgorazione, il necessario dialogo e la compenetrazione tra i due sistemi orientati rispettivamente al mondo esteriore e a quello interiore. Tale confronto sta oggi infatti diventando una necessità per l'integrazione dell'essere umano e i tempi sono forse maturi per lo sbocciare di un uomo creatore e generatore di valori nuovi. Valori ed ideali che servano l'uomo e non il contrario: quindi mutabili a seconda delle circostanze e delle esigenze. Tra l'altro la sublime immagine dell'uomo occidentale, il quale rischia la cecità a seguito dell'impatto con la sapienza orientale e (a causa dell'accecante "luce del sol levante") trovo sia una metafora molto potente, in grado di oltrepassare le soglie di una razionalità sempre in agguato. Nel contempo il necessario veleno della scienza occidentale, la stessa razionalità, diventano un velenoso toccasana per il potere immenso che può esercitare sull'uomo la pura e mercuriale energia divina, costretta a vivere in una forma limitata e limitante come il corpo umano, costringendo infatti il "divino" ad accettare la sua tragica ma necessaria "caduta".



Fine 1° parte



Bibliografia

C. G. Jung, Libro Rosso, Bollati borlinghieri, Torino
F. W. Nietzsche, Così Parlò Zarathustra, Adelphi, Milano
J. Hillman, Il codice dell'anima, Adelphi, Milano 



mercoledì 2 gennaio 2013

Lasciati fluire





Tu, io!
Lascia fluire l'anima
in una valle
che sa di nascosto
che scorre udendo
mille canti celestiali
ebbri di vita e terra
inseguendo i mille colori
ornati di forme
soavi, pure, tintinnanti.
Anima,
Lasciati fluire
come fiume dorato,
energia che distilla
e dell'uomo sei scintilla.
Anima,
lasciati corrompere
erompi i terreni più impervi
affonda le radici veloci
nella radura verdeggiante
fino allora boccheggiante,
da noi così distante,
donando i tuoi frutti rotondi e prelibati
talmente perfetti da rifuggire la gravità:
librati come madre terra
una goccia sospesa nell'universo.